Semplificare la scrittura legale. Perché? Per chi?

Uno dei problemi principali che gli avvocati presentano nel momento in cui si avvicinano alla comunicazione è quello con la scrittura. Scrivere il diritto non è facile, va detto, perché non è facile la materia in questione.

 

Scrivere la lingua giuridica

 

La divulgazione del discorso giuridico è spesso delegata alla politica ed è sotto gli occhi di tutti il disastro del linguaggio amministrativo, quello della burocrazia e del giornalismo giudiziario e politico che nel corso del tempo hanno creato delle voragini profonde nelle quali andare a scavare per ritrovare il senso delle cose sembra quasi impossibile.

Se poi si aggiunge il fatto che nel corso degli anni di praticantato la scrittura legale deve essere imparata quasi da zero – perché all’università non si scrive – presentandosi come attività non facile che richiede la comprensione e l’accettazione tout court di codici e registri specifici lontani dal linguaggio “normale”, si capisce quanta fatica costi cercare poi di prendere le distanze da quel tipo di lingua e struttura e ricominciare da zero. Dopo anni se non decenni di schemi mentali e abitudini ormai profondamente radicate.

 

Perché di questo alla fine si tratta; chi si occupa di comunicazione in questo settore e viene avvicinato con l’intenzione di “fare marketing per lo studio” ha il triste compito di chiedere agli avvocati (anche i più bravi, quelli che lavorano in studi con fatturati da aziende, quelli che hanno anche cattedre universitarie) di fare lo sforzo di resettare, pensare semplice e cercare scrivere in modo chiaro.

 

Nella comunicazione funziona in modo diverso

 

La sequenza, per un consulente che parla allo studio legale, è più o meno questa:

  • si comincia presentando con garbo la prima brutale regola della comunicazione legale (io la chiamo così): sul web e nel mondo dei media funziona in modo diverso (la seconda regola è che anche nel rapporto con i clienti dovrebbe funzionare in modo diverso)
  • si procede con esempi positivi e negativi di: piattaforme online, siti web, articoli di newsletter, podcast e video (perché anche qui si comincia con la scrittura di un testo), post sui social media. Il tutto con il fine di rafforzare l’evidenza che se si vuole comunicare in modo efficace bisogna capire che le regole del gioco non sono quelle che ci hanno insegnato per passare lo scritto dell’esame di avvocato
  • dall’altra parte le reazioni possono essere: serena presa di coscienza, preoccupazione, rifiuto (raro ma capita).

In ogni caso non è facile riuscire nell’impresa, per diversi motivi.

Quello dell’abitudine, della mancanza di tempo da investire nella scrittura di contenuti secondo criteri nuovi, del timore che non valga la pena, della paura di togliere autorevolezza alle proprie parole e di conseguenza alla persona e al ruolo professionale.

 

Il sabotaggio culturale: “più è complesso più è autorevole”

 

Questo è l’ostacolo maggiore. Questo è il sabotaggio più frequente che avviene nel binomio comunicazione – studi legali. Ed è un corto circuito culturale e sociale più che tecnico, perché l’equazione complessità = autorevolezza è ancora egemone nella realtà degli studi professionali legali e notarili.

 

Dopo aver fatto tutta quella fatica per imparare ed arrivare ad esprimersi in “un certo modo”, bravi nel capire alla prima lettura una sentenza della Cassazione o un decreto legge, perché si dovrebbe voler arretrare? Perché? Per chi?

 

Per se stessi e la professione, per raggiungere un pubblico e una clientela più vasta, per far capire meglio come possiamo aiutare un’azienda o un ente differenziandoci da tutti gli altri, per rendere la nostra professione più umana e vicina ai problemi che tenta di risolvere, anche quando si tratta di diritto bancario o societario.

È qui dunque che scatta la leva e si aprono le due strade.
Comunicare utilizzando lo schema che non tocca quella equazione oppure prendere coscienza che la bravura di un avvocato e la sua autorevolezza nulla hanno da perdere se si usa un linguaggio chiaro, comprensibile, diretto, umano. Anzi.

 

Aveva ragione Einstein

 

Chi riesce a far capire una sentenza senza ricorrere a troppi richiami al testo, con un discorso fluido, consequenziale, utilizzando espressioni che facciano capire i concetti, ricorrendo a metafore o immagini che restino nella mente di chi legge anche dopo che si è messo giù il telefono (perché tutti questi contenuti e tutte questa comunicazione viene fruita quasi interamente da mobile); questa è la rivoluzione che investe competenza e autorevolezza, perché chi riesce a rendere facile il difficile vuol dire che il difficile lo gestisce egregiamente e lo capisce come pochi altri.

È a questo punto che un consulente può servire; per accompagnare in questo cammino e formare.

Il lavoro sul linguaggio e sui testi, sulle dinamiche della comunicazione digitale, sugli strumenti che oggi offre il mercato sono tutti aspetti di questo cammino dove le complessità del mondo legale vengono tradotte in punti di forza di una professione che è ancora diversa da tutte le altre.

Anche la comunicazione con i clienti dovrebbe essere compresa; quella delle mail che si scrivono, dei pareri che vengono richiesti, delle presentazioni che si fanno dei propri servizi, delle slides che illustrano un’operazione, degli incontri e nelle riunioni che si tengono con loro.

È comunicazione anche questa, ed estremamente importante. Ma ne parliamo la prossima volta.